“Ci hanno dato una barca a remi e ci hanno detto di attraversare il fiume Evros per entrare in Grecia. Ho detto di no perché sono con i bambini, non voglio prendere il rischio di attraversare il fiume. Forse non lo farei neanche da solo. Siamo esseri umani, non animali” secondo quanto raccontato ad una televisione greca da un emigrante. La pressione sul confine greco con decine di migliaia di migranti che vogliono entrare in Europa, non sembra essersi minimamente allentata. A Edirne, in Turchia, i profughi si accampano in attesa di poter scavalcare il recinto, sono donne, bambini, è ciò che emerge dalle dichiarazioni dell’Unicef. Dopo la firma del cessate il fuoco, in Siria, sembra non essersi creata alcuna stabilità: il valore di una tregua si misura dalla qualità delle soddisfazioni che le parti ne traggono. E al di là di un un po’ di fiato per Erdogan e di prestigio mediorientale per Putin, il cessate il fuoco non porta nulla di più. Rimangono cambiali in bianco con le scadenze della _Real politik, come il corridoio di sicurezza est-ovest lungo l’autostrada M4 nella provincia di Iblid, e le pattuglie congiunte russo-turche nella stessa zona, a partire dal 15 marzo. L’incontro di Mosca ha permesso ad Ankara di circoscrivere l’area infetta, nei suoi rapporti con la Russia, a una manciata di chilometri quadrati nel nord-ovest della Siria. Le due potenze euroasiatiche condividono invece l’obbiettivo massimo, che è affermare i propri interessi a costo di indebolire l’Unione europea. Le masse umane ai confini della Grecia sono effetto collaterale desiderato, sia da Mosca che da Ankara. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel sembra incapace di convincere la Turchia a risigillare il suo confine. E mentre Bruxelles ha destinato 700 milioni di euro alla Grecia per la gestione dell’emergenza, Ankara chiede a sua volta maggiori aiuto. “Da dieci anni – ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan – ospitiamo quattro milioni di siriani in Turchia: ci avete mai offerto un tale supporto? Potreste prendere questa decisione molto facilmente”. A Bruxelles, i ministri dell’Interno dell’Unione si sono riuniti con la questione in cima all’ordine del giorno. “L’Europa – ha detto il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas – non può fallire due volte su un problema così importante. Questa è una nuova opportunità e probabilmente l’ultima di arrivare a un accordo tra tutti i 27 Stati membri”. Il 6 marzo da Zagabria dove di sono riuniti i ministri degli Esteri, sembra essere emerso che L’Unione “respinge fortemente l’uso della pressione migratoria a fini politici” e definisce “inaccettabile questa situazione alle frontiere esterne”, pur ammettendo “l’accresciuto onere e i rischi migratori che la Turchia sta affrontando”. In tutto questo stallo chi ne paga il maggior prezzo sono i migranti che rimangono in bloccati in attesa di una opportunità per una vita dignitosa, la propaganda turca parla di 130mila migranti che hanno già attraversato il confine. I greci parlano di 35mila respingimenti Nel frattempo, continuano gli scambi di accuse tra Grecia e Turchia. Per Erdogan sono cinque i morti uccisi dalle forze dell’ordine greche. Il presidente turco denuncia “un approccio molto brutale” della guardia costiera “che affonda i barconi” nel mar Egeo e accusa l’Occidente di ipocrisia. Il governo greco nega seccamente e diffonde a sua volta un video dove un’imbarcazione greca viene speronata da una turca. La situazione alla frontiera rimane tesa. Le guardie di confine elleniche hanno nuovamente sparato gas lacrimogeni e getti di cannoni ad acqua per respingere i migranti, che hanno risposto con una sassaiola. Sull’altro lato del confine, a poche centinaia di metri di distanza, i mille agenti delle forze speciali turche hanno preso posizione. Atene le accusa di aver lanciato a loro volta lacrimogeni per forzare il confine e spingere i migranti in Europa. In una situazione così delicata, in un momento storico così particolare, in cui la psicosi dell’infezione “coranavirus” sembra dilagare, la politica, la mediazione non può e non deve lasciarsi sfuggire la possibilità di rimanere umani, di trovare soluzioni alternative all’egoismo ed alla paura, senza tralasciare l’importanza dei singoli stati , ma ricordandosi sempre che l’ Europa è nata per un bene comune migliorativo, e non per la soddisfazione di egoismi privati, anche se fossero solo nazionali.